giornata mondiale dell'autismo

Progetto AutismoFVG: intervista a Elena Bulfone

In tutto il mondo, il 2 aprile ricorre la Giornata mondiale per la consapevolezza sull’autismo. Per questa importante ricorrenza abbiamo avuto il piacere di intervistare Elena Bulfone, Presidente di Progetto Autismo. 

Buongiorno Elena e grazie per aver accettato il nostro invito. Per prima cosa, ci potresti introdurre il tema dell’autismo anche per chi non lo conosce? 

“Le persone nate con autismo sono 1 su 68. Si tratta della disabilità con i numeri più alti e in un ventennio c’è stata un’esplosione, con grandi difficoltà anche da parte delle scuole che non sono preparate per poter accogliere questa nuova situazione. L’autismo non è una malattia o una patologia, ma una neurodiversità e si divide in tre dimensioni (alto, medio e basso  funzionamento)”.

Quali sono le caratteristiche di queste 3 dimensioni? 

“Esistono tre tipo di funzionamento quando si parla di sindrome di autismo e queste si dividono in base a caratteristiche simili, ma a diverso livello. Per quanto riguarda l’alto funzionamento, ci possiamo trovare di fronte a persone che assumono comportamenti e che presentano situazioni nella norma o superiore alla norma (tra queste forme troviamo la sindrome di Asperger). Quest’ultimo è un autismo meno riconoscibile che  presenta difficoltà di relazione e comprensione delle emozioni e sensorialità alterate con capacità alte di conformità alla norma. 

La maggior parte dei soggetti con autismo si colloca in una dimensione a medio funzionamento con ritardo cognitivo, ma con qualità personali diverse (estrema logicità, estrema memoria e abilità creative). Queste sono le più difficili da trattare, viste le tante capacità ed interessi particolari opposte alla difficoltà di espressione verbale  che può sfociare in aggressività ed episodi di autolesionismo se il soggetto vuole comunicare e non si sente compreso.

Il basso funzionamento presenta le stesse caratteristiche dei precedenti, ma con una difficoltà comunicativa importante più evidente e, proprio per questo motivo, viene trattato malissimo a livello sanitario. Questi soggetti hanno delle capacità enormi, ma l’incapacità di parlare (espressione ed afasie, ovvero mancanza di espressione e di capacità di linguaggio) spesso porta al grosso problema delle comorbilità. Nel caso in cui il soggetto sia in situazione di difficoltà o si debba recare in ospedale per questioni di salute, il fatto di non poter esprimersi spesso non permette una diagnosi completa e viene, sottovalutato o non curato il vero motivo per il quale il soggetto può aver richiesto una visita o si trovi in situazioni di difficoltà o di emergenza. Molto frequentemente, purtroppo, queste persone, per mancanza di uno screening medico adeguato, vengono trattate con psicofarmaci legando la causa della loro richiesta di un controllo non alla vera problematica di salute, che potrebbero avere in quel momento, ma come ad una crisi o ad episodi legati all’autismo”.

Per la Giornata dell’autismo del 2 aprile avete organizzato qualche evento particolare?

“Il tema principale quest’anno è l’Autism Pride (l’orgoglio di essere autistici). Data la situazione dovuta all’emergenza sanitaria Covid-19, si è dato ampio spazio alla realizzazione di una conferenza stampa con l’obiettivo di evidenziare alcuni traguardi raggiunti come, per esempio, il rinnovo della convenzione del centro diurno per adulti e adolescenti e l’inserimento nella convenzione stessa del nostro progetto di  appartamento (struttura nella quale i ragazzi, supervisionati, soggiornano per alcuni giorni e svolgono le loro attività in totale autonomia e fuori dal contesto familiare). Le famiglie serenamente si affidano e credono nella qualità di questo progetto, il quale migliora sempre la qualità di vita e di relazione dei ragazzi.

Al momento, ci sono 8 gruppi appartamento, altri 3 da convenzionare e stiamo pensando alla  creazione di aree per svolgere weekend di indipendenza, vista la complessità nel trovare strutture ricettive con alcuni canoni. 

Per poter svolgere questo progetto, abbiamo avuto l’occasione e abbiamo preso parte in una Masterclass tenuta da ingegnere architetto della Sapienza di Roma, collaborando con il Criba, per creare una struttura più possibile piacevole ed accogliente. Oltre a ciò, stiamo lavorando a un progetto nominato “Sensum” in collaborazione con le Facoltà di Architettura e Ingegneria delle Università di Trieste e Bolzano. Lo scopo del progetto è quello di mettere a punto dei dispositivi che rendano maggiormente accogliente le strutture per l’autismo e favorire l’indipendenza delle persone: dal domicilio a strutture attive dedicate nonché i gruppi appartamento, fino a strutture ricettive (alberghi, campeggi, etc.)”.

Quali sono le peculiarità di un locale per essere accessibile ed inclusivo ad un soggetto con autismo e alla sua famiglia? 

“La poca indagine è sulla alterata sensorialità e alle percezioni molto amplificate. In ambito  uditivo, suoni anche in ambienti ben isolati, difficoltà con rumori quali l’abbaio del cane, ambulanza, scoppio. Per essere maggiormente accoglienti sono utili, in questo caso, la presenza di pareti isolanti, buoni serramenti e il posizionamento di stanze in un luogo non di passaggio evitando confusione ed interferenze uditive. 

Un ulteriore aspetto da valutare è la presenza di fobie: terrore dei cani, per esempio, per molte persone con autismo”.

Sono queste, quindi, le peculiari caratteristiche non ancora presenti su un motore di ricerca per l’organizzazione di una vacanza, una serata, per esempio? 

“Sì, è importante segnalare, oltre alla presenza di una possibile accoglienza degli animali, in particolare cani, l’aspetto della localizzazione della stanza, quanto è distante dalle altre camere, l’assenza o presenza di campanelli (nelle pizzerie per evitare agitazioni, nel caso in cui, appena è pronta la pizza, si utilizzino per avvisare che la preparazione è avvenuta e che porta il soggetto con autismo ad uno stato di disagio). 

Nel caso di elevata sensorialità e percezione visiva sarebbero da segnalare neon o luci riflettenti, vetrate senza tenda che possono infastidire o attivare il soggetto. 

Esiste, poi, l’ipersensibilità olfattiva e selezione alimentare. In questo caso, è importante indicare la vicinanza di cucine, presenza di mazzi fiori o bagni con problemi di malfunzionamento.

In merito a questo, con il supporto dell’Università di Bolzano, stiamo lavorando sulla valutazione delle condizioni di clima interno. Se la stanza è senza climatizzatore, per non sentire rumori, il soggetto con autismo d’estate potrebbe essere portato a chiudere tutto. La mancanza di areazione ottimale crea condizioni di disagio per il soggetto e per la famiglia”. 

Quindi adesso come cercate informazioni? 

“Attualmente non sappiamo dove cercare queste informazioni. Al momento, non ci sono strutture attente a questi requisiti. Ci si reca ancora di persona nel luogo per avere la verifica della situazione e, nel caso di un viaggio a lungo raggio, il problema aumenta. 

Una delle informazioni importanti non presente è la visione delle piantine che specificano la disposizione dei locali”. 

E, per quanto riguarda l’autonomia del soggetto, i ragazzi vivono queste esperienze con i genitori o anche con un volontario? 

“Per un soggetto con autismo anche il respiro potrebbe essere un problema, ed in questo senso per le famiglie è necessario poter supervisionare. Per questo, una delle più importanti possibilità è la segnalazione o la “creazione” di camere comunicanti (dando un minimo di autonomia e, dall’altra parte, serenità alla famiglia). 

Nei soggetti ad alto funzionamento, tutte queste caratteristiche sono importanti seppur più gestibili (lavorando bene per il basso, quindi, si agevola anche l’alto). Per queste ragioni, considerare la possibilità di agevolazioni scontistiche è fondamentale, non avendo tutti una capacità economica elevata”.

E a livello scolastico? 

“La mancanza di un’aula di sostegno porta il soggetto con autismo a non disporre di un luogo adeguato nel momento in cui, per la sua ipersensibilità, gli si presenti la necessità di uscire dall’aula se infastidito da rumori, etc.. Al momento, i ragazzi stanno nei corridoi e questo porta a una mancanza di inclusione”. 

In ambito comunicativo, qual è il migliore? 

“Il linguaggio semplice. Proprio rispetto a questo, presenteremo la guida turistica per linguaggio semplice di Santa Maria in Valle (Cividale del Friuli). Anche con il progetto “Come in”, di cui ero project manager, abbiamo valorizzato degli strumenti a favore del Museo Archeologico di Udine con illustrazioni di un soggetto con autismo del nostro centro.

Abbiamo poi lavorato a un percorso al Museo della CIviltà del VIno di Buttrio e a un grande database per il linguaggio semplice, che nella lingua italiana non esiste. 

Realizzare questi percorsi anche nella scuola primaria e nelle scuole superiori non è interesse dei tanti, vista la quantità di ore impegnate e l’aspetto di volontariato che ne consegue. In questo caso, per la guida ci sono volute 100 ore lavoro di una psicologa e guida turistica. 

Se pensiamo ai testi attuali rivolti anche a queste fasce d’età, i riassunti presentano una  sintassi insostenibile e vengono utilizzate parole difficili. In Italia non c’è neanche una  letteratura infantile scritta con un linguaggio semplice. Questo percorso di sensibilizzazione editoriale è molto lungo”.

E rispetto alle cooperazione tra associazioni? 

“Esiste una difficoltà radicata, ma è importante valorizzare il concetto che, solamente facendo rete, si crea il piacere della collaborazione. La realtà italiana ha un punto di forza enorme se si pensa alla scuola inclusiva, grazie alla presenza di bimbi con disabilità che interagiscono con i coetanei. Nel nostro contesto, grazie all’Atelier d’Arte, abbiamo la possibilità di valorizzare artisti con autismo nelle scuole, permettendo al bambino di percepire tutto questo  come portatore di valore. 

Certi diritti non si possono disattendere: sono un valore per tutti. Per questo l’ Autism Pride serve anche da supporto alle famiglie per una migliore integrazione. 

Il lavoro da fare è tanto anche a livello culturale, a favore di una buona inclusione che possa passare dalla famiglia alla società. L’inclusione funzionale è, in questo caso, una delle migliori occasioni per evitare situazioni di fragilità”. 

Ringraziamo Elena Bulfone per il suo prezioso contributo e la sua disponibilità, augurandoci di poter dare vita insieme a dei progetti trasversali in tema di inclusione e cultura dell’accessibilità.